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Speciale Bruce Lee: L’ultimo combattimento di Chen

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Erano bastate quattro mosse a Bruce Lee per fare scacco matto al cinema mondiale. Anche se dire “cinema” è estremamente riduttivo nel momento in cui grazie a lui scoppiò la mania delle arti marziali, con conseguente diffondersi esponenziale di scuole di svariati stili, e che in generale ci fu anche una maggiore apertura verso la cultura orientale. Guardate il trailer originale di I tre dell’Operazione Drago: non solo c’era ancora visible paura a mostrare che il protagonista del film era un cinese, una paranoia fortunatamente esclusiva del suddetto trailer, ma uno dei selling point, trattato come novità assoluta, era il concetto di “disarmato ma ugualmente pericoloso”.
In realtà la chiamata dagli USA arrivò mentre l’instancabile Lee era già all’opera su quello che doveva essere il suo secondo film da regista/autore, nonché il vero, definitivo manifesto del Jeet Kune Do. Titolo: Game of Death.

La prima inquadratura prevista era un tot simbolica: un grosso albero in mezzo a una megatempesta che rimane completamente immobile fino a che la potenza della tempesta non lo spezza in due; poco più in là, un albero più piccolo, snello, flessibile, costantemente piegato dalla tempesta ma che proprio grazie alla sua flessibilità resiste e ne esce salvo. Insomma: dosi importanti di metaforone.
Dopodiché la trama era semplice e lineare: Bruce, con un pretesto forzoso qualsiasi, entrava in una pagoda con un paio di complici (Chieh Yuan e quell’eroe di James Tien), e ad ogni piano menava un avversario diverso, ognuno col suo stile personale, con livello di difficoltà crescente. Come in un videogame. Tranne, nel 1973. E vi ricordo che nel 1973 non avevano ancora inventato Super Mario. Non sto sostenendo che Bruce Lee abbia inventato i videogame, eh? Sto solo riportando un fatto, documentato, che potrebbe o non potrebbe far riflettere sulla questione. Lo lascio lì così, fatene quello che volete, io non entro nei meriti (Steve Jobs Puppa).
Ad ogni modo: Bruce Lee interrompe le riprese per girare I tre dell’Operazione Drago, che riesce giusto a finire.
La sera del 20 luglio 1973, mentre si trovava nell’appartamento di Betty Ting Pei (una specie di Edwige Fenech cinese), Bruce accusa un malore, prende un analgesico, si addormenta sul divano e non si sveglia più.
Ci vorranno mesi prima che l’autopsia ufficializzi un edema cerebrale.

Bruce Lee

Bruce Lee

Scatta il manicomio:
- la stampa e l’opinione pubblica accumulano un numero di ipotesi sulla vera causa della morte che vanno dall’improbabile al fantascientifico (gettonatissima la parola “ninja”)
- il nome di Bruce Lee entra definitivamente nella leggenda: è il marzialista più famoso dell’Universo, è il cinese più famoso dell’Universo, e fortuna che non esistevano Twitter e Facebook altrimenti ci saremmo fiaccati le palle di lui dopo neanche una settimana
- l’industria cinematografica risponde alla Spartacus, ovvero iniziando a produrre in rapida serie una mitragliata di film di kung fu improvvisati in mezza giornata con protagonisti una lunga serie di pseudo-sosia di Lee che adattano un nome simile (Bruce Li, Bruce Le, Bruce Lai, ecc…). La maggior parte di essi, senza vergogna, aggiunge il nome di Bruce Lee nel titolo e spesso anche nella locandina. Ovviamente questi film vengono distribuiti esclusivamente in Occidente perché siamo scemi e ce lo meritiamo. Il fenomeno viene chiamato “Bruceploitation“.
- Steve Jobs ruba la sceneggiatura di Game of Death e inventa Super Mario (da verificare)
Cinque anni dopo il nome di Bruce Lee è ancora più caldo che mai.
Motivo per cui la Golden Harvest dice “basta, ci siamo rotti il cazzo” e decide in qualche modo di utilizzare il girato di Lee per Game of Death.
La loro idea è geniale e consiste in:
- usare solo una frazione del materiale a disposizione;
- riscrivere la trama fino a che non assomiglia all’originale manco per sbaglio;
- assumere una serie di controfigure di Bruce Lee che non gli assomigliano per un cazzo (Kim Tai Chung e, in misura minore, addirittura Yuen Biao) e costringerle a recitare per 80 minuti di spalle e/o col volto coperto da occhiali alla Sandra Mondaini oppure, nei casi più radicali, con una foto della faccia di Bruce ritagliata male e appiccicatagli sopra con la colla Pritt (non esisteva Photoshop);
- integrare con scene di repertorio tratte dagli altri film di Lee, tra cui mezzo combattimento con Chuck Norris sgamato dall’Urlo di Chen solo per mettere il nome di Norris nei titoli di testa anche se non si è mai mosso da casa;
- impreziosire il tutto con un paio di ex premi Oscar a caso (Dean Jagger e Gig Young), un memorabile tema composto nientemeno che da John Barry, e le coreografie di Sammo Hung.
Il risultato ovviamente è imbarazzante a livelli dolorosi.

Bruce Lee

“Bruce Lee”

La nuova trama è incentrata su “Billy Lo”, attore che per qualche ragione dà fastidio alla mafia. La cosa è molto comoda, perché permette ad esempio di prendere la scena del combattimento con Chuck Norris, inframezzarla con inquadrature di cinesi con in mano cineprese, luci e microfoni, e fingere che siano le riprese di un film nel film.
Poi, dopo una scena in cui Billy Lo combatte una serie di scagnozzi senza levarsi gli occhiali alla Sandra Mondaini anche se è notte, il fattaccio: Billy gira il finale di Dalla Cina con furore, ma tra le comparse c’è un mafioso infiltrato con una pistola vera che lo spara in fazza. La cosa ovviamente fa rabbrividire, e non poco, se si pensa che 15 anni dopo a Brandon Lee, figlio di Bruce, successe esattamente la stessa cosa con esiti fatali sul set di Il corvo. È dura zittire i complottisti su questo. La scena prevede che il proiettile trapassi Billy lasciandolo vivo, ma che si decida di spacciarlo per morto per salvarlo dalle grinfie della mafia. Il film ha quindi la stratosferica faccia da culo di inserire scene dal vero funerale di Lee, incluse inquadrature sulla bara aperta. Esatto: nel film compare il vero cadavere di Bruce Lee. Teste di cazzo. C’è però un aspetto frustrante nel fatto che tutto ciò poteva essere la perfetta scusa narrativa per inserire una chirurgia facciale e giustificare il fatto che Kim Tai Chung non assimigli per nulla a Bruce Lee dividendo il film in un prima e dopo, ma ovviamente 1) il film a quel punto aveva già mischiato scene di Kim e Bruce senza motivo, e 2) doveva ancora arrivare il dunque, le vere scene inedite di Bruce. Per cui insomma, accade il seguente momento esilarante in cui Billy Lo parla col suo amico: “vogli una fazza nuova” (metacinema! genio!) “no Billy, non c’è bisogno, il dottore ha detto che riesce a rifarti la fazza uguale a prima” (oh… macheccazz…??? perché? e quale delle due?) “ok… dai, fammi almeno mettere la barba finta per 10 minuti” (facepalm).

Bruce Lee?

Bruce Lee?

Segue un intermezzo con l’unico momento di interesse del film a parte i famosi inediti: il combattimento tra Sammo e Bob Wall. Bob poverino è un cagnaccio di attore ma con una bella fazza da cattivo, e come marzialista purtroppo parla più il suo curriculum (per anni fu praticamente il vice-Chuck Norris) che il suo stile grezzo e concreto, un’apoteosi della legnosità del karate fatta di riflessi e potenza ma raramente di eleganza. Dall’altra parte invece è il Sammo Show, trippa orgogliosamente al vento e agilità sovrannaturale, esattamente il tipo di spettacolo che ti fa venire voglia di recuperare la sua intera filmografia.
E infine il momento topico: Billy Lo si reca nel covo dei cattivi, e per farlo ruba la tuta da motociclista a uno degli scagnozzi.
Esatto: la famosa tuta gialla con strisce nere diventata iconica e citata da chiunque volesse rendere omaggio a Bruce Lee, da Uma Thurman in Kill Bill in giù (geniale il tributo in Shaolin Soccer, in cui è la divisa del portiere).
Iniziano i minuti inediti, quelli girati nella pagoda.
Trattasi di tre combattimenti in cui Bruce fa sfoggio della flessibilità del Jeet Kune Do incontrando tre avversari diversi e individuando il punto debole di ogni loro stile. Nell’ordine: Dan Inosanto, filippino, maestro di Eskrima; Ji Han Jae, coreano, maestro di Hapkido; Kareem Abdul-Jabbar, gigante, maestro di basket.

Bruce Lee???

Bruce Lee???

Tutti e tre i combattimenti sono decimati dal montaggio per escludere le inquadrature in cui appaiono anche James Tien e Chieh Yuan, non presenti in questa versione del film, e seguono il solito stile narrativo/didattico: vere e proprie partite a scacchi, in cui Bruce attacca, subisce, analizza, cambia, contrattacca. Una storia nella storia. Inosanto e l’altro amico vengono umiliati per la loro rigida prevedibilità, ma con Jabbar la faccenda è diversa: Jabbar, nella vita vera allievo di Bruce Lee, combatte senza stile. È Jeet Kune Do contro Jeet Kune Do, tranne che Jabbar è alto il doppio di Lee e, oltre ad essere più potente, lo tiene facilmente a distanza (memorabile il momento in cui gli stampa l’impronta del piede sulla tuta con un calcione). Bruce fatica più del solito, ma alla fine scopre anche il punto debole di Kareem: i tiri liberi è iper-sensibile alla luce. Come un vampiro. Un vampiro di colore alto 2 metri e 18. Di nuovo: l’agilità mentale, unita a un fisico adeguatamente tonico e reattivo, vince.
Questo è L’ultimo combattimento di Chen: il punto più basso mai toccato dalla cinematografia mondiale, in cui i 10 minuti finali sono il punto più alto mai toccato dalla cinematografia mondiale.
Leggenda vuole però che di girato ne esista almeno un’ora, di cui una parte purtroppo persa. Esiste in compenso un montaggio di 40 minuti, ritrovato dallo storico Bey Logan negli archivi della Golden Harvest, e inserito nel documentario Bruce Lee: A Warrior’s Journey di John Little, rintracciabile sia separatamente che come contenuto speciale del dvd di I tre dell’Operazione Drago (versione italiana inclusa). Essi presentano la versione integrale di tre dei cinque combattimenti nella pagoda previsti da Bruce: vediamo Chieh Yuan e James Tien in azione, vediamo lo svolgersi completo degli scontro contro Inosanto, Ji Han Jae e Jabbar spesso corredati da dialoghi didattici, ma soprattutto vediamo un Bruce Lee più in forma che mai in quello che è davvero il più prezioso e spettacolare girato che ci abbia lasciato.
E proprio per questo, è imprescindibile.
Anzi, siccome si trova sul Youtube – e tutti sanno che se si trova sul Youtube vuol dire che è legale – guardatevelo:

Trivia:
- gli altri due combattenti previsti nella pagoda erano Whang Ing-Sik, maestro di Hapkido già visto nell’Urlo di Chen, e Taky Kimura, maestro nello stile della mantide religiosa, ed era prevista anche la presenza di George Lazenby nel ruolo di quello che rende il film più appetibile in Occidente;
- esiste un Game of Death 2 con protagonista Kim Tai Chung che usa ulteriori spezzoni di archivio di Bruce Lee per collegarsi in qualche modo a questo film, che curiosamente ripesca in parte la trama dello script originale, e che si fa volere bene giusto per il fatto di buttarla in commedia;
- esiste anche un film giappo intitolato Bruce Lee’s G.O.D. (Shibōteki Yūgi) che vorrebbe essere la ricostruzione in assoluto più fedele dello script originale, ma non sono riuscito a recuperarlo e non so dirvi che razza di operazione sia;
- prima che Bolo Yeung creasse un ponte tra Bruce Lee e Van Damme diventando il cattivo di Senza eslcusione di colpi, abbiamo quel poverino di Kim Tai Chung che appare nel ruolo del fantasma di Bruce Lee in Kickboxers – Vendetta personale, in cui Van Damme interpreta l’Ivan Drago della kickboxing;
- si parla da almeno 15 anni di una resurrezione digitale di Bruce Lee ad opera di Rob Cohen, ma per fortuna non se n’è ancora fatto nulla. Per farvi un’idea di cosa si rischia potete però vedervi un recente spot del Johnnie Walker, e relativo backstage (grazie per la segnalazione al nostro lettore Cleaned)

DVD-quote:

“Doloroso, ma imprescindibile”
Nanni Cobretti, i400Calci.com

>> IMDb | Trailer

Bruce Lee

Bruce Lee

SPOILER: il nostro Speciale Bruce Lee NON finisce qui…


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